25 maggio 2019

El abrazo de la serpiente

El abrazo de la serpiente, di Ciro Guerra, 2015. Colombia. 


Visivamente affascinante ma niente più.
Nonostante le buone intenzioni di Ciro Guerra e della sceneggiatura basata sui documenti di viaggio di Theodor Koch-Grunberg e di Richard Evans Schultes , il film non mi ha convinta.
Un mix shakerato di denuncia anti-colonialista, ambientalismo, misticismo.
Troppi stereotipi e clichè : lo sciamano Karamakate sembra uscito da un libro di Castaneda, improntato su un utopico "buon selvaggio" Rousseauviano con un pizzico di Calibano (This land is mine!) . Artificioso, in definitiva.




I due ricercatori sembrano armati delle migliori intenzioni di conoscenza e rispetto sia verso l'ambiente che i verso i nativi. Ma contemporaneamente "devono" essere forzatamente inficiati dall'incapacità intrinseca dell'uomo bianco di comprendere davvero sia il diverso da sè che se stesso.
Entrambi non sanno "sognare" nè "guarire dalla propria malattia" (qualunque cosa significhi) neppure con l'aiuto di svariati tentativi a base di intrugli lisergici amazzonici. Il "terzo occhio" non si apre , non sanno ascoltare la parola del giaguaro e non meritano sul serio la Yakruna, la rara pianta sacra.
Sebbene lo sciamano , da buon Calibano, infine la doni all'americano nella convinzione/speranza/predestinazione di poter insegnare qualcosa ad un Prospero irriducibile.
Tutto un pò in bianco e nero, manicheo.





C'è troppo sforzo simbolico, mistico persino. C'è troppa ingenuità nell'intento  ,pur sincero ,che in definitiva mi fa pensare ad un'occasione mancata. Ad un film più adatto agli anni 70. Ma è girato nel 2015. Fuori tempo massimo, secondo me.

Ho apprezzato (pur non avendo competenza per valutarne l'efficacia) la scelta di intrecciare i dialoghi in una babele linguistica fatta di spagnolo,  portoghese, tedesco ma soprattutto di un certo numero di dialetti locali (tribali) che spero siano stati oggetto di accurata ricerca linguistica. Surreale ma affascinante risultato.

Comprendo la scelta del b/n , concettualmente logica, ma avrei preferito un tripudio di colori da National Geographic, visto che è l'Amazzonia per davvero la location scelta. 

3 commenti:

  1. Beh sì, è un film un po' particolare, però a me ha convinto sufficientemente e più, e non solo per la "fascinazione" ma anche per la storia, non nuova però interessante ;)

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  2. Un film da "gradire di pancia" spegnendo il cervello. Altrimenti non funziona, come non ha funzionato per me. Convincenti, perchè veri e deplorevoli, sono lo schiavismo per la raccolta del caucciù e i danni della religione imposta. Argomenti non nuovi ma sui quali si poteva benissimo basare un altro film. Peccato questa pellicola voglia inserirci anche e soprattutto misticismo vs. scienza, con una schietta propensione verso il punto di vista dello sciamano. Roba che avrebbe fatto "il botto" negli anni 70. Ora come ora è ingenuo e datato.
    La "fascinazione" il film la può senz'altro ancora dare. A patto di non riflettere per tutto il film. Personalmente non mi è riuscito.
    Ciao!

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  3. Pietro,ti consiglio la visione di questo documentario sullo stesso argomento ma vero e aggiornato a pochi anni fa.. Importante anche l'articolo del The Guardian. Giusto per avere una prospettiva non filmica ma realistica e complessa.

    https://cinemadipatrizia.blogspot.com/2019/06/first-contact-lost-tribe-of-amazon.html

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