17 luglio 2020

Il buco


Il buco, di Galder Gaztelu-Urrutia, 2019 (Spagna). Torino F.F., Sitges (4 premi), Toronto F.F. Goya 34 (1 premio). Su Netflix.



Un pò di Cronenberg nella distopìa orrida della prigione (ma è una prigione o un esperimento sociale? Il protagonista ci entra volontariamente ) a 333 livelli. 









Grottesca, disgustosa e violenta metafora sulla "solidarietà" umana in una società piramidale.
Occorre accostarsi alla pellicola armati di una dose massiccia di sospensione dell'incredulità. La distopìa è genere antico e collaudato anche in letteratura , prima che al cinema. Folle ed assurda che sia deve avere una struttura solida di base. Ormai la coerenza latita in qualsiasi distopìa cinematografica degli ultimi anni, tanto da rischiare d'inficiarne il significato. Anche qui la narrazione corre sul filo del rasoio inanellando un pò troppe incongruenze. Tuttavia è buona l'idea della piattaforma che scende nel ventre di un vero e proprio inferno , dall'abbondanza fino alla morte per fame e a ogni genere di violenza , cannibalismo compreso. 
La ribellione non scoppia mai, il più becero egoismo prevale. 



Un coppia di "eroi" improvvisati insorge quando si viene a sapere che all'inferno è rinchiusa anche una bambina. 
Ma non c'è agnizione , nè vero cambiamento. Purtroppo la solidarietà umana non scatta. La "favola" è pessimista e nera come non mai. 
Low budget e sceneggiatura incerta per un'idea cmq. molto valida che meriterebbe un re-make meno pasticciato.
Da vedere, inusuale ed originale. 



26 febbraio 2020

L'età giovane ( Le jeune Ahmed)



L'età giovane (tit. orig. Le jeune Ahmed), di Jean-Pierre e Luc Dardenne (anche sceneggiatori) , 2019 (Belgio, Fra) . Prix de la mise en scène Cannes 2019.


I Dardennes iniziano "in media res" focalizzando subito l'attenzione sul 13enne Ahmed , costantemente presente in ogni scena ed inquadratura.
Non c'è spiegazione di come il ragazzo sia giunto a tali posizioni estremiste. È rappresentato solo al presente con le sue ossessioni : preghiere, abluzioni, avversione verso animali e donne .






Tutto o quasi è impuro per Ahmed. L'insegnamento dell'imam jihadista e la fascinazione per i "martiri" terroristi (fra i quali anche un cugino) sembrano una motivazione non del tutto esaustiva , quasi insufficiente, a giustificare la determinazione di Ahmed che quasi disprezza la madre e la sorella ed arriva a tentare d'uccidere l'insegnante "apostata".



Adolescente introverso , perfezionista ed insicuro,  fobico con tendenze ossessivo-compulsive Ahmed  ha già trovato la sua "droga" ancor prima dell'inizio del film.

I Dardennes si "limitano" a riprendere con chirurgica , consueta, precisione la sua discesa terminando (come in "Rosetta") con uno stacco secco in nero che lascia grandi dubbi, parecchia amarezza e nessuna vera agnizione.




Con una regia sempre all'altezza e una scrittura attentissima i fratelli Dardenne confezionano una pellicola magistrale, concedendo zero appigli a qualsiasi lettura superficiale.  Se questo è il loro ultimo lavoro, chiudono davvero in bellezza. 




22 gennaio 2020

Ritratto della giovane in fiamme

Ritratto della giovane in fiamme , di Cèline Sciamma, 2019


Film soprattutto di regìa , inquadrature e fotografia di notevole valore artistico, da vedere più di una volta.
La storia dell'amore fra Héloïse e Marianne non è il solo ingrediente, lo sguardo della regista e sceneggiatrice si estende al valore della solidarietà femminile e della capacità di osservare attentamente per comprendere ed entrare in empatia con l'altro.
Sophie non è , in tal senso, un personaggio minore.






Un ritratto soddisfacente diventa quindi solo quello che restituisce le emozioni del soggetto quanto quelle dell'artista che lo ritrae.
C'è lo splendore del ritratto finale su tela ma anche i dipinti "segreti": la storia dolorosa di Sophie, quello dell'amata addormentata in cucina (la miniatura perché Marianne possa ricordare) e lo schizzo a pagina 28 del libro (perché Héloïse possa ricordare).
Infine c'è quello potente e magnifico dell'abito in fiamme, simbolo di un amore passato che non vuole farsi dimenticare.
Film prezioso dall'impatto estetico coinvolgente e raffinato.

14 gennaio 2020

Un giorno di pioggia a New York

Un giorno di pioggia a New York, di Woody Allen, 2019.



Gatsby é l'alter-ego di Allen. Mingherlino, intellettuale dai gusti cinefili e letterari raffinati, innamorato irrimediabilmente di locali retrò e di New York nei giorni di pioggia.




Ashleigh è l'opposto di Gatby, apparentemente complementare. Borghese dell'Arizona , ingenua ed entusiasta quanto improbabile articolista per il giornale universitario.



Ma , come constata Gatsby nel discorso chiarificatore con la madre, "New York prevale" , la Grande Mela  "rapisce" Ashleigh con le sue frenetiche promesse e il suo charme ambiguo. 
Sotto l'orologio di Central Park l'amore del "tempo delle mele" si disperde e matura il momento del cambiamento e della crescita per Gatsby.



Mille scampoli cittadini ripresi con amore dal regista , fotografia ottima sebbene un pò "patinata". 
Chalamet e la Fanning bravi ma Jude Law quasi invisibile. 

Woody Allen torna alla sua amata ed iconica New York con una commedia leggera ed elegante ma poco incisiva e certamente meno brillante del solito.

2 gennaio 2020

The Vanishing -Il mistero del faro

The Vanishing - Il mistero del faro, di  Kristoffer Nyholm , 2018


Thriller psicologico con ottimo studio dei personaggi, a mio modesto parere sottovalutato dalla critica e non abbastanza premiato dal botteghino. 
Di "misterioso" c'è ben poco in questo film che si ispira ad un fatto accaduto nelle isole scozzesi Flannan ad inizio 1900 quando tre guardiani del faro scomparvero nel nulla durante il loro turno trimestrale .


Il  danese Nyholm , già regista di quella chicca di serie tv (anch'essa sottovalutata e poco compresa) di "Taboo" con Tom Hardy, sceglie di ritrarre tre personaggi ordinari ciascuno con il proprio carico di umana sofferenza , fatica quotidiana , disagio economico , responsabilità verso gli altri o solitudine e di confrontarli con un fatto non ordinario che piomba nelle loro vite sconvolgendole . Sprofonderanno in una spirale di violenza di cui inizialmente non sono responsabili. Finiranno per perdersi in altra violenza colpevole incapaci di gestire sensi di colpa , reciproci sospetti e paura.




Dramma dolente sulla vicenda di tre uomini semplici che faticano per guadagnarsi il pane,  travolti da qualcosa che non appartiene alla loro natura e che tuttavia riuscirà a cavare il peggio da ognuno di loro. 
Mi sembra che Nyholm percorra nuovamente e in modo meritevole (come in "Taboo") la strada del dramma psicologico poco "mainstream" tratteggiando finemente il labile confine fra razionalità/moralità ed irrazionalità/violenza insita nell'essere umano. 
Su una bella sceneggiatura la camera a spalla rincorre i personaggi che si muovono in uno scenario ristretto (l'isoletta con il faro) molto ben fotografato. Eccezionale Peter Mullan e notevole anche Gerard Butler , qui anche produttore, che si ritaglia un'interpretazione memorabile e diversa dal solito.