27 gennaio 2018

Chiamami con il tuo nome

Call me by your name, 2017, Luca Guadagnino. Visione v.o.
Candidato Oscar per miglior film, sceneggiatura, attore protagonista.
Un film disonesto.



Quest'anno c'è un outsider italiano agli Oscar "che contano". Un regista poco conosciuto in patria e non molto di più all'estero. Flmografìa scarna.
Bene,mi dico, andiamo al cinema a vedere un film di un italiano che arriva inaspettatamente così in alto . Già mi sento pronta ad esserne orgogliosa.
=====================

Questa pellicola è imbarazzante!  Costruita per lo spettatore d'oltreoceano  che giorà della bella ambientazione anni 80 cremasca ..... posso già sentirli ...."oooh...pictoresquo!". Mamma mia !

Snob e radical chic che di più non si può. L'oziosa, ricca, colta, liberal e cosmopolita famiglia parla inglese, francese e anche tedesco alternandoli a ruota libera . Così gli amici e parenti. Due frasi in dialetto dell'invisibile servitù e un 5 minuti di battibecco di una macchiettistica coppia di italiani ridicoli. Questo è tutta l'Italia che c'è. Fastidiosamente pretenzioso e vuoto.

Oh, sì, la fotografia è ottima, il buen retiro vacanziero cremasco è bello (quanto scomparso ormai). Confezionato con bella fotografia per la gioia puramente estetica di chi l'Italia la conosce solo dai film. Qualche critico americano ha scomodato pure Bertolucci!
No, lasciate in pace il maestro, per favore. È un'eresìa.

Ma veniamo al peggio : Arnie Hammer è l'attore più sbagliato possibile per la parte. Come metterci Schwarzy da giovane . Tutto dire. Si soffre a vederlo in questo ruolo che non sa interpretare. Completamente non credibile e goffo. Verrebbe da ridere se non che fa piangere, piuttosto.  Guaglione e Resinaro l'avevano impiegato molto meglio in Mine. Ma chi sono questi due registi italiani?  Due meno raccomandati del Guadagnino. Più modesti e anche più onesti.

Chalamet ha potenzialità e capacità , si vede, è giovane , ha bisogno di farsi conoscere . Lo vediamo anche in Ladybird (altro film mediocre) . Quando potrà scegliersi le parti potremo apprezzarlo meglio. Vedremo. Tanto per il momento deve vedersela con Gary Oldman.....a meno che l'Academy non deliri.

La sceneggiatura non originale è firmata nientemeno che da James Ivory e zac!  Candidatura istantanea. Peccato che sia una cosa sgangherata : andiamo , torniamo, in bicicletta, ci vediamo "later", statue greco/romane ripescate  magicamente dall'acqua (solo gli americani se la bevono) , una famiglia tanto liberal e tollerante e .... incredibile negli anni 80. Ma già, non sono italiani.

La storia tratta dell'educazione sentimentale/sessuale di un giovane 17enne gay, ambientata negli anni 80 in provincia di Crema. Di un incontro, un primo amore. Senza entrare nei dettagli per non spoilerare , questo film vorrebbe essere estetizzante e raffinato. Fallisce brutalmente e sbrodola fuori dallo schermo tutto il contrario. Per molto meno , la stessa elite ipocrita cui è destinato questo film non ha esitato a mettere in croce il povero Kevin Spacey.
Vai a capirli. Io torno a vedere Moonlight , come minimo.

E magari un'altra regia non avrebbe contribuito a peggiorare il tutto. Il regista è la vera nota stonata. Pretenzioso, di dubbio talento. Furbo , questo sì.
Pare che l'Academy debba ormai avere ogni anno una quota di "politically  correct" versione immaginario liberal-dem americano. Il film gay-friendly pare quasi un dovere.
L'anno scorso c'era Moonlight , forse non il miglior film ma un gran bel film di sicuro. Forte e chiaro il messaggio, sobria e valida la regia, attori nella parte, montaggio ottimo. Viene immediato il paragone. Moonlight forever , senza dubbio !

È furbo Guadagnino. Va lontano per giuste amicizie. Il merito ? Mah , in Italia non serve. Ecco, la nota dolente. Capita anche all'estero. Paga il contributo alla moda trendy dell'intellighentia snobbina locale e sei a posto. Non capitava solo in Italia? Pare proprio di no.


12 gennaio 2018

Il sacrificio del cervo sacro


The Killing of a sacred deer, di Yorgos Lanthimos, 2017



Tra metafore, simbolismo e surrealismo Lanthimos tende volentieri a perdersi. Lo ha dimostrato con The Lobster , film intellettual-distopico che, al netto della forma stravagante pseudo-autoriale , raccontava poco o niente. La forma prevaleva sulla sostanza. Confezione originale, ma scatola vuota. 


Su The killing of a sacred deer la critica esperta, fra applausi e lodi ha anche scritto qualcosa del genere: "scende dall'empireo e gira il suo film più abbordabile per il pubblico".
Da spettatrice non esperta , noto che solo per introdurre e motivare la vicenda di paranormal-epica-vendetta Lanthimos ci impiega ben 50 minuti. 


Le dinamiche interpersonali della borghese famigliola sono più  stilizzate che delineate mentre il porcino ragazzo/nemesi con relativo retroscena risulta più fastidioso che inquietante. Ingredienti insufficienti per creare pathos. Sorprendente , visto che dovrebbe prepararsi il substrato per una tragedia.


La tregenda greca (perché è poi questa forma che importa veramente a Lanthimos) si dipana floscia e povera di vera tensione (ma allora che tragedia è ?) oscillando fra il ridicolo e il noioserrimo.
Qualche cenno di gore da body horror dovrebbe sedurre il pubblico in cerca di emozioni. Mah…..
Naturalmente Lanthimos è responsabile anche della sceneggiatura , assieme all'inseparabile Filippou. E si vede, purtroppo.



spoiler inizio 

 
Il climax della tregenda con Colin Farrell che , fucile in mano, gioca ad "ambarabaciccìcoccò quale civetta ti stramazzo giù dal comò " fa venir immediata nostalgia persino di Neagan e della sua mazza in tutt'altra favola tv (The walking dead) , priva di ambizioni autoriali ma molto più convincente. 


Fine spoiler
 ‎
Al netto della spocchia intellettuale , rimane poco da elogiare in questa pellicola. Vero che rispetto a "The Lobster" Lanthimos e Filippou tentano di intrecciare una trama più comprensibile e fruibile. Purtroppo senza rinunciare alla continua dichiarazione d'intenti grandiosi (Ifigenia, il cervo etc.) che crea tanto fumo e rovina l'arrosto. La Kidman , orfana di una guida sicura, non fa del suo meglio. I personaggi più giovani (compreso il ragazzo psicopatico/epica nemesi) son imbrigliati in battute e dialoghi peregrini ed artificiosi che rendono difficile apprezzarne la recitazione. 


Lanthimos tenta sì di smarcarsi dall'abuso di surreale/assurdo sia nella ripresa che nella sceneggiatura ma ancora non ci siamo : naviga ancora troppo nell'ambizione formale

Checché ne dicano le rispettabili giurie dei Festivals che spesso guidano noi spettatori verso buone pellicole e ci aiutano ad apprezzare l'arte cinematografica .... perché capita, qualche volta, che si innamorino del vacuum auto-referenziale che chissamai a chi giova. 

Al solo Lanthimos, probabilmente. Ma Lanthimos è sopravvalutato.