12 gennaio 2018
Il sacrificio del cervo sacro
The Killing of a sacred deer, di Yorgos Lanthimos, 2017
Tra metafore, simbolismo e surrealismo Lanthimos tende volentieri a perdersi. Lo ha dimostrato con The Lobster , film intellettual-distopico che, al netto della forma stravagante pseudo-autoriale , raccontava poco o niente. La forma prevaleva sulla sostanza. Confezione originale, ma scatola vuota.
Su The killing of a sacred deer la critica esperta, fra applausi e lodi ha anche scritto qualcosa del genere: "scende dall'empireo e gira il suo film più abbordabile per il pubblico".
Da spettatrice non esperta , noto che solo per introdurre e motivare la vicenda di paranormal-epica-vendetta Lanthimos ci impiega ben 50 minuti.
Le dinamiche interpersonali della borghese famigliola sono più stilizzate che delineate mentre il porcino ragazzo/nemesi con relativo retroscena risulta più fastidioso che inquietante. Ingredienti insufficienti per creare pathos. Sorprendente , visto che dovrebbe prepararsi il substrato per una tragedia.
La tregenda greca (perché è poi questa forma che importa veramente a Lanthimos) si dipana floscia e povera di vera tensione (ma allora che tragedia è ?) oscillando fra il ridicolo e il noioserrimo.
Qualche cenno di gore da body horror dovrebbe sedurre il pubblico in cerca di emozioni. Mah…..
Naturalmente Lanthimos è responsabile anche della sceneggiatura , assieme all'inseparabile Filippou. E si vede, purtroppo.
spoiler inizio
Il climax della tregenda con Colin Farrell che , fucile in mano, gioca ad "ambarabaciccìcoccò quale civetta ti stramazzo giù dal comò " fa venir immediata nostalgia persino di Neagan e della sua mazza in tutt'altra favola tv (The walking dead) , priva di ambizioni autoriali ma molto più convincente.
Fine spoiler
Al netto della spocchia intellettuale , rimane poco da elogiare in questa pellicola. Vero che rispetto a "The Lobster" Lanthimos e Filippou tentano di intrecciare una trama più comprensibile e fruibile. Purtroppo senza rinunciare alla continua dichiarazione d'intenti grandiosi (Ifigenia, il cervo etc.) che crea tanto fumo e rovina l'arrosto. La Kidman , orfana di una guida sicura, non fa del suo meglio. I personaggi più giovani (compreso il ragazzo psicopatico/epica nemesi) son imbrigliati in battute e dialoghi peregrini ed artificiosi che rendono difficile apprezzarne la recitazione.
Lanthimos tenta sì di smarcarsi dall'abuso di surreale/assurdo sia nella ripresa che nella sceneggiatura ma ancora non ci siamo : naviga ancora troppo nell'ambizione formale.
Checché ne dicano le rispettabili giurie dei Festivals che spesso guidano noi spettatori verso buone pellicole e ci aiutano ad apprezzare l'arte cinematografica .... perché capita, qualche volta, che si innamorino del vacuum auto-referenziale che chissamai a chi giova.
Al solo Lanthimos, probabilmente. Ma Lanthimos è sopravvalutato.
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